Il ritorno del Bardolino

L’era dei vini tutto-muscoli-e-niente-cervello sembra finalmente giunta al termine. Abbiamo capito che la bontà di un vino non è data dal pedigree, ma da un carattere unico e irripetibile, anche se questo lo rende perfetto in qualche occasione e molto meno in altre? Lo spero. La storia del vino è la storia dell’uomo, e come le persone, anche i vini devono essere sinceri, sapersi prendere e farsi apprezzare per quello che sono, accettando il fatto che niente e nessuno potrà mai essere adatto a tutto.

Uno dei ‘brutti anatroccoli’ dell’immenso vigneto Italia ha fatto molta strada da questo punto di vista: da qualche anno il Bardolino è tornato alla ribalta, complice una bella presa di coscienza da parte del territorio e di molti suoi attori e la crescente richiesta di vini più semplici, economicamente accessibili e adatti al consumo quotidiano.

Le uve di partenza sono le stesse dell’Amarone, la zona di produzione non è poi così lontana. La storia del Bardolino è travagliata e per molti versi affine al destino che molte altre denominazioni hanno incontrato. Come risollevarsi? Facendo leva sui suoi VERI punti di forza: finezza e immediatezza. Se cercate bombe enologiche non le troverete, se pensate che ogni Bardolino sia una garanzia, vi sbagliate. Il lavoro fatto è molto e altrettanto resta da fare per portare ‘sulla retta via’ sempre più produttori, ma le speranze sono buone e personalmente sono rimasta stupita da questo vino che conoscevo poco e che mi ha regalato sensazioni bellissime.

Pillole di storia

Metà Ottocento: il Bardolino è stata una delle prime (future) denominazioni italiane a comparire in etichetta. Un tempo esportato principalmente in Svizzera, veniva incluso nella categoria dei Beaujolais, per il suo colore tipicamente scarico. La zona/il comune di produzione era sempre specificato.

Il primo cobardolino consorzionsorzio di tutela nasce negli anni Venti e nel decennio successivo viene identificata la zona classica di produzione. La bevibilità e la freschezza del prodotto, portano nel dopoguerra a un boom nella produzione; in particolare, il vino è apprezzato (e prosciugato) dai turisti tedeschi sul Lago di Garda. Facile immaginare le conseguenze: grandi quantità di vini pronti subito e di qualità in picchiata. La reputazione del Bardolino inizia a scendere fino a che intorno al 2000 non arriva Parker: per lui, i vini di buona reputazione sono solo quelli dotati di grande corpo.

Per salvare il salvabile, si pensa bene di consentire l’uso di Cabernet Sauvignon, per dare al Bardolino una vaga aria di Valpolicella… Il risultato è una totale perdita d’dentità. Peccato, perché di assi nella manica il Bardolino ne ha parecchi. Non sono molti i vini a poter vantare una tale freschezza ed eleganza di profumi, un frutto semplice e un tocco di spezie, aggraziato, privo di fronzoli e proprio per questo pulito. Gli errori, in vigna come in cantina, si sentono subito. Questo approccio semplice, però, lascia spazio a un secondo momento più profondo e stratificato: emergono sentori sapidi e minerali, per niente scontati, avvalorati dall’affinamento in legno che non è mai eccessivo e non deve – da disciplinare – predominare sulle doti naturali del Bardolino.

Il risveglio

All’inizio del XXI secolo qualcuno capisce che così non va e si gioca la carta giusta: il recupero del legame con il territorio, di caratteristiche e metodi di produzione del passato, che esaltino sapidità e freschezza, lasciando alle parti dure del vino il compito di regalare profondità. Altre caratteristiche del Bardolino sono la morbidezza e l’aromaticità, con una punta di dolcezza, e si sceglie di esaltare con un uso coscienzioso del legno.

I disciplinari oggi sono due: Bardolino DOC (1968), che include il Chiaretto, rosato accattivante che si sta godendo un momento di nuova gloria, e Bardolino Superiore DOCG (2001), più elegante e vera anima della denominazione. Quando si punta sulla tipicità il successo è quasi assicurato e così nel numero di maggio del 2011, il mensile britannico “Decanter” inserisce il Bardolino fra i dieci stili di vino da seguire con maggiore attenzione in Italia:

“Bardolino is returning to the pale, juicy reds with the cherry and almond aromas that it does best. Except that today, it is making them much, much better” – Richard Baudains.

Cosa c’è sottomappa_bardolino

Il rilancio del Bardolino ha dovuto affrontare un problema: come conquistare il consumatore con un vino il cui punto di forza è la bevibilità senza trasmettere un’idea di banalità? Per sua fortuna, il Bardolino può contare su un’entrata più lenta ma coinvolgente: l’immediatezza del primo sorso lascia spazio a sensazioni più profonde, strettamente legate al tipo di suolo su cui crescono i vigneti.

La denominazione copre una delle zone geologicamente più ricche e interessanti d’Italia: l’anfiteatro morenico a sud-est del Lago di Garda, delimitato dai fiumi Mincio e Adige. I vigneti occupano soprattutto le zone pianeggianti e i dolci pendii delle colline allungate costituite dai detriti lasciati dalla lingua del ghiacciaio Benacense durante la formazione della vallata gardesana. Anche la maggior parte delle aree in forte pendenza su substrato morenico sono state gradonate nel corso del tempo per consentire la coltivazione della vite. Le altre colture della zona sono olivi, seminativi e bosco. Nei 25000 ettari della denominazione, sono state individuate dodici unità di paesaggio significative, che possiamo semplificare nelle seguenti aree:

alto Bardolino – grandissima finezza e armonia;
ondulazioni – tipico sentore di marasca e prugna, bilanciato;
fascia lacustre – sentori di frutti più maturi e forti note floreali;
colline – struttura e ricchezza, intense note fruttate.

Dal punto di vista climatico, l’influenza del Lago di Garda è fondamentale per mitigare le temperature durante tutto l’anno. Le piogge in estate sono abbondanti, ma i suoli morenici sgrondano facilmente, composti da carbonati nei cordoni più antichi e da ciottoli calcarei con sabbie e argille in quelli più recenti.

Ci vuole disciplina

E ora diamo un occhio al disciplinare: il vino Bardolino si ottiene prevalentemente da uve di corvina veronese, con aggiunte di rondinella ed eventualmente altri vitigni minori (es. molinara). Le tipologie previste dalla DOC sono: Bardolino, Bardolino classico, Bardolino Chiaretto, Bardolino classico Chiaretto, Bardolino Chiaretto spumante, Bardolino novello e Bardolino classico novello; la DOCG Superiore può essere accompagnata dalla menzione ‘classico’ e prevede un periodo di affinamento obbligatorio di almeno un anno a decorrere dal 1° novembre dell’annata di produzione (non per forza in legno).

Come consumarlo? Bè, il bello del Bardolino è proprio la sua capacità di andare a nozze con un’infinità di cibi, grazie alla pienezza di profumi e sapori, accompagnata da freschezza e bevibilità. Carni, risotti, funghi, formaggi, e perché no? Anche il pesce – il Bardolino ha pochi limiti e si presta alla sperimentazione gastronomica. Un capitolo a parte meriterebbe il Chiaretto, incredibilmente goloso, con i suoi sentori di fragolina e agrumi: ideale come aperitivo, con antipasti, pesce e pizza.

Due bellissime iniziative del Consorzio di tutela sono l’anteprima di Chiaretto, Lugana e Bardolino tenutasi poco più di un mese fa a Larize e le serate Pizza & Chiaretto – abbinamento perfetto, proposte di abbinamenti itineranti nelle migliori pizzerie d’Italia, e la prossima settimana al Vinitaly. Recentissima anche la degustazione alla Banca del Vino di Pollenzo, una splendida serata tutta al femminile.

Attenendoci, per ora, ai rossi, vi lasciamo con una carrellata dei migliori Bardolino che abbiamo assaggiato. Alla salute!

 

Bardolino, Sunset on Lake Garda – Photo License by Magnus Reuterdahl (on Flickr)

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Elisa Pesce

Esperto assaggiatore ONAV, assaggiatore ONAF, WSET Advanced in Wines & Spirits nonché tecnico di marketing per l'enoturismo. Dato che la vita è una sola, preferisco sia il più incasinata possibile: il vino è l'unico modo per mantenere l'equilibrio. Vistita il mio Blog o scrivimi una mail

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