Il consumo del vino tra Millennials, Generation X e Baby Boomers
Il consumo pro capite di vino è in continua discesa nel “vecchio mondo” enologico (Italia, Francia, Spagna…) mentre è in leggera salita in mercati come Stati Uniti, Cile, Sud Africa e Australia.
Cosa sta succedendo al vino e chi saranno i nuovi acquirenti?
Alla prima domanda è sicuramente più facile rispondere: il vino, che prima era considerato un alimento, un bene di prima necessità mentre ora assume la forma di bene accessorio. In qualche decennio è passato da alimento a status symbol, a elemento indicatore di piacere edonistico, cultura, socializzazione, convivialità…
Più difficile è capire chi saranno i nuovi acquirenti del vino e soprattutto come attrarli.
Il mercato per ora è stato suddiviso convenzionalmente tra diverse fasce d’età:
- Baby Boomers nati tra il 1945 e il 1960
- Generation X nati tra il 1961 e il 1980
- Millennials (o Generation Y) nati tra il 1981 e il 2003
- Generation Z nati dal 2004 (che teoricamente ora non dovrebbero bere)
Fino a pochi anni fa il mercato del vino era sorretto dai Baby Boomers: persone nate dopo la seconda guerra mondiale. Questa fascia di età, grazie buone capacità economiche e interesse verso questo prodotto ha rappresentato il consumatore “tipo” fino a tutti gli anni ’90. Basti pensare che, nei soli Stati Uniti, i Baby Boomers rappresentavano il 44% degli acquirenti di bottiglie di vino. Questa categoria è fisiologicamente destinata a scemare, basti pensare che i Millennials rappresenteranno la maggior parte della forza lavoro già dal 2020.
Futuro a breve e medio termine
A breve termine e senza soluzione di continuità, sarà la generazione X a sorreggere i consumi del vino anche se la maggior parte delle aziende sta già pensando a Millennials che escono dalle solite logiche di mercato e rappresenteranno, a medio termine, il target al quale rivolgersi. Hanno un potenziale altissimo: Sopexa-USA aveva calcolato che i Millennials avessero una capacità di spesa pari a 200 miliardi di dollari (mercato USA). L’approccio al mondo del vino per loro è diverso: poca conoscenza ma tanta voglia di imparare, informarsi e sperimentare. Sono nati con lo smartphone e, anche il vino diventa uno strumento sociale di scambio di pareri, emozioni, momenti. Vengono coinvolti dai social network e dalle app di settore, cercano un contatto e una figura umana partendo dalla sfera digitale. Spendono il 3,5% del loro budget in vino birra e alcolici e un terzo di questa spesa se lo accaparra proprio il vino.
Non sottovalutare la Generazione X
Sebbene tutti parlino di Millennials, bisogna tenere conto che la generazione che sta tirando il comparto vinicolo è ancora rappresentata dalla “vecchia guardia”, Generazione X e parte dei Baby Boomers. Concentrarsi solo sui Millennials potrebbe far percepire il prodotto come “distante” dalla clientela abituale che è quella che fa vendere ora. Ok, guardare al futuro, ma ricordiamoci della base di consumatori che stanno spendendo i loro soldi adesso: loro vanno consolidati.
Chi sono e cosa cercano i Millennials dal vino?
I Millennials sono generalmente più informati e la loro principale fonte è internet. Per gli acquisti di tutti i giorni si rivolgono alla GDO (supermercati), non disdegnando comunque enoteche e soprattutto visite in cantina. Sono attratti da un packaging più comunicativo e moderno che riesca a far distinguere il vino tra gli scaffali. La bottiglia deve però comunicare tipicità e territorio. Si conta che la maggior parte degli acquirenti preferisca vini a denominazione di origine. Cercano un contatto con il produttore partendo dai canali social fino ad arrivare a eventi, manifestazioni e degustazioni che li facciano sentire protagonisti e non solo consumatori. Vengono attratti dalle novità soprattutto in ambito di sostenibilità ambientale.
Quali strumenti possono utilizzare le cantine
Le cantine che vogliono parlare ai consumatori oggi dovrebbero:
- Gestire gli spazi digitali dai social network alle inserzioni a pagamento: non esserci non impedisce agli altri di parlare di te.
- Dedicare tempo a fiere, incontri in cantina ed eventi: strano ma vero, il vino assaggiato assieme al produttore sembra sempre “un po’ più buono”.
- Comunicare il proprio prodotto tramite il packaging in prima battuta. L’etichetta rimane comunque il più immediato strumento che identifica una bottiglia. Oltre la bottiglia esiste comunque la realtà dell’azienda. Avere una storia interessante, coinvolgente e autentica costituisce sempre un punto a proprio favore. Oggi con molta enfasi viene chiamato storytelling.
- Dialogare con il consumatore: dal vivo, su internet, via posta o piccione viaggiatore… in somma: mai creare un muro tra chi produce e chi acquista (o potrebbe acquistare).
- Offrire qualità (strano, vero?) e farla percepire. Gli standard e l’offerta oggi sono veramente alti e i consumatori vogliono avere la tranquillità di essersi portati a casa un prodotto di qualità.
Comunque vada, sarà il mercato a dettare le nuove mode alle quali, anche una delle più antiche bevande del mondo, ahimè, è soggetta.